PERCHE’ INVESTIRE NEL MARKETING NEI MOMENTI DI CRISI? ECCO COSA CI HA INSEGNATO IL 2020 ( e non solo )

Ad un anno dall’inizio della mia attività di consulente, non posso non pensare ironicamente al tempismo dell’arrivo del Covid-19 per testare la mia tempra. Già perché, diciamocelo, il 2020 non è stato proprio un anno felice. Fortunatamente e contro ogni previsione, ho potuto comunque lavorare con ottimi risultati. Quello che ho potuto toccare con mano, e che vorrei trasmettere in questo articolo, sono le linee guida che mi hanno permesso di chiudere il 2020 con un bilancio più che positivo.

Dopo quasi vent’anni di lavoro in azienda, ho inaugurato all’inizio del 2020 l’attività da free lance e, iniziare subito con il problema Covid, è stato come imparare a nuotare buttandosi da una scogliera direttamente nell’oceano: ci si può fare molto male oppure si può imparare velocemente a cavarsela. Il Covid all’inizio mi ha paralizzato e, sinceramente, non sapevo cosa dire ai miei interlocutori. Trovavo davvero molte difficoltà nel prevedere e proporre strategie Marketing che potessero avere un senso. Poi ho capito che dovevo cambiare prospettiva. Il Covid ha portato un cambiamento epocale in tutte le nostre abitudini, nella gestione della nostra vita, nella quotidianità, nel lavoro. Rappresenta un problema mondiale con cui dobbiamo fare i conti ed è un qualcosa che ci colpisce tutti indistintamente. Le aziende si sono trovate ad affrontare una crisi scatenata da un fattore esterno, indipendente da loro, e per questo sono impreparate e confuse. In questi casi o si reagisce con nuove idee e soluzioni oppure si attende passivamente che la burrasca finisca per contare i danni.

Nella ricerca di soluzioni per i miei clienti mi è venuto in mente un aneddoto di oltre 20 anni fa; ero negli Stati Uniti all’Università di Notre Dame in Indiana e ne approfittai per cercare delle case history per un esame di Marketing. Tra i temi da presentare all’esame c’era il crisis management e, non avendo grandi idee, parlai con alcuni studenti americani che mi suggerirono di approfondire un caso che aveva sconvolto l’America: il caso Tylenol. Nel 1982 Tylenol era uno dei più noti e venduti antidolorifici in commercio. Uno squilibrato iniziò ad avvelenare col cianuro in maniera randomica le confezioni, provocando molti morti. Si diffuse subito il panico e la Johnson&Johnson, l’azienda produttrice, rischiava un crollo di immagine e di business epocale. La Johnson&Johnson reagì subito senza esitazione e in pochissimo tempo ritirò i prodotti, li sostituì con confezioni anti-manomissione, investì moltissimi soldi, non solo nel rinnovo del packaging, ma soprattutto in campagne di Comunicazione e Marketing che illustrassero la nuova confezione, trasmettessero i valori aziendali di integrità, responsabilità sociale e sicurezza con l’obiettivo di rassicurare i clienti. E così negli anni a seguire, non solo recuperarono le perdite, ma aumentarono il business. Insomma una gestione da manuale, ancora oggi esempio magistrale di come uscire da una crisi così devastante. Sebbene siano passati quasi 40 anni dal caso Tylenol, trovo molte similitudini con quanto successo nel 2020 a causa del Covid. Un elemento esterno e imprevedibile che mina il business di aziende impotenti. La reazione dev’essere immediata, nuovi prodotti, nuovi servizi, nuove campagne di Comunicazione, nuova strategia Marketing. Una minaccia che va affrontata e gestita con intelligenza e sangue freddo ma soprattutto investendo nel Marketing e nella Comunicazione.

Tagliare le spese di Marketing è una scelta molto diffusa durante una crisi ma quasi sempre è una scelta fatale. Significa fermarsi ai box durante una gara e permettere ai tuoi concorrenti di tagliare il traguardo. Significa ridurre la propria “share of voice” e rischiare di scomparire dalla mente dei propri consumatori. Significa non approfittare di un momento particolare in cui comunicare il brand e i valori aziendali. Ci sono ottimi motivi per cui investire nel Marketing durante la crisi, la chiave è giocare di astuzia, investendo in strategie che prevedano nuovi obiettivi, nuovi canali di comunicazione e, perchè no, nuovi business. Non solo: è importante modificare i messaggi aziendali adattandoli alla situazione contingente, senza mai fare l’errore di oscurarsi o smettere di comunicare. Sono proprio i periodi di crisi quelli in cui molte aziende depongono le armi e sono proprio quelli in cui le aziende intelligenti spingono sull’acceleratore. Non tutte le aziende taglieranno il marketing, ma molte lo faranno, creando vuoti che altri andranno a riempire e opportunità che altri andranno a sfruttare. Marketing e comunicazione, se fatti bene,  possono essere la chiave per sopravvivere ad una crisi, far crescere l’azienda, aumentare la quota di mercato e rafforzare la reputazione del proprio brand.

STRATEGIA DI BRAND: IL NAMING. QUALI SONO I PASSI PER TROVARE QUELLO GIUSTO?

Con grande piacere, sono stata coinvolta nello sviluppo di un progetto di business per un cliente che vive all’estero ma che vuole investire nel Made in Italy con un nuovo Brand. Devo dire che mi trovo a mio agio quando devo mettere in piedi le attività partendo da una tabula rasa.

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Amo le sfide, i percorsi non ancora tracciati e dare vita a progetti nuovi. L’ho fatto in passato in svariate situazioni lavorative: dal creare e lanciare nuovi prodotti e nuovi mercati, aprire nuovi locali all’estero e in Italia, avviare un reparto Marketing di una holding e molto altro …..  ma era da tempo che non mi cimentavo nelle basi ovvero nel cosiddetto naming. Come si crea un nome perfetto per un brand? La scelta del nome giusto è determinante per il successo di un marchio. E’ un insieme di creatività, analisi, posizionamento e copywriting.

Un buon brand genera valore e fa parte dell’ asset intangibile dell’azienda a cui spesso si dà poca importanza. Gli asset intangibili sono considerati le Cenerentole del Marketing in quanto difficilmente misurabili, tanto che spesso non rientrano nemmeno nelle KPI quando in realtà sono determinanti per il raggiungimento degli obiettivi numerici dell’azienda. C’è un mondo dietro l’intangibile che merita di essere rivalutato attentamente dalle aziende italiane e che avrà sempre più rilevanza in futuro: marchi, brevetti, innovazione, know how, domini, networking, capitale umano, CSR, brand activism e molto molto altro. Un mondo appunto.

Tornando al Naming ecco il percorso che sta alla base della creazione:

  1. Analisi e strategia: partendo da un brief che comprenda una serie di informazioni sull’azienda, e che di solito sta alla base di un business plan esistente, si delinea una visione a lungo termine su tutta la strategia; infatti la scelta del brand name serve per racchiudere il sistema di valori aziendali che determineranno il posizionamento e definirà il target. Ricordiamoci sempre che un Brand efficace sarà poi in grado di suscitare le emozioni giuste per muovere le leve che influiranno sulle vendite. 
  2. Definizione del processo creativo attraverso mappe mentali e brain-storming: trovare un nome non è mai facile. In base agli obiettivi e alle esigenze del cliente, si può decidere di creare un nome generico ( di fantasia, inventato o che richiama un’idea) oppure distintivo ( descrittivo e specialistico); da questa fase si passa semplicemente a mettere su carta tutte le parole e le idee che vengono in mente e giocare incrociando le parole, trovando sinonimi, creando delle vere e proprie mappe mentali. Servono pazienza, delle lunghe pause, approfondimenti, riflessioni, ricerca semantica, razionalità e …. molta creatività. Ebbene sì, bisogna spremere entrambi gli emisferi del cervello! Infine serve un confronto con qualcuno. Che siano collaboratori, il cliente stesso o persone che ci possono aiutare, è importante ricevere spunti e un costante feedback sui risultati.
  3. Ricerca su coerenza di significato, semplicità nella pronuncia, memorabilità: una volta creata una rosa di nomi si passa alla fase cruciale: trovare quale tra questi è più coerente, è efficace dal punto di vista del marketing ( ovvero è chiaro ed invoglia il cliente all’acquisto), è semplice, resta in mente e non ha problemi di “misunderstanding” ( esempio se esportato in altri paesi).  
  4. Definizione del nome e permanenza nel tempo: attraverso questo percorso si arriva alla definizione del nome e della sua durabilità nel tempo. Quest’ultimo aspetto viene definito dalla sua potenzialità di creare uno story-telling capace di coinvolgere e restare memorabile nella mente del pubblico. E’ uno degli strumenti migliori che garantisce la sopravvivenza e la vitalità del brand!
  5. Domini internet: sembra una banalità ma la disponibilità del dominio è una conditio sine qua non. No dominio? No Party! 
  6. Verifica legale e deposito del marchio: può succedere di partorire un bel nome e che il dominio sia libero ma non sappiamo se esista un’altra azienda che opera in un altro settore e che abbia preventivamente depositato il marchio nella categoria di prodotto che interessa a noi. Molte aziende infatti, prevedendo sviluppi futuri in determinati mercati o nazioni, depositano il marchio anche senza utilizzarlo. Ho visto molti casi in cui si è reso obbligatorio cambiare nome, anche a lancio avvenuto, ragion per cui questa verifica è molto importante.

Un vecchio proverbio dice: chi ben comincia è a metà dell’opera.  Un errore diffuso è proprio quello di sottovalutare l’importanza e l’efficacia del Naming, che va studiato attentamente e sviluppato con l’aiuto di professionisti in quanto può rivelarsi il miglior investimento sul futuro e sul successo del business. 

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